Pane e polenta
Da I leori del Socialismo, Dino Coltro (1973)
La mattina si mangiava polenta, e mezzodì si trigava alla una anca alle do e l’era polenta, la sera ancora polenta, polenta o bigoloto, delle volte con un pizzego de capuzzi bruciati nell’asedo o messi a cuocere sui canoti con una voia de unto, via della dobia perché il giovedì mia povera mamma trottava fino da Breda, al molino comperava riso che era riseta piena de pavio, a ottanta schei al decalitro, quella sera preparava, con pochi fagioli o capuzzi, un minestrone che a noi altri ci pareva de ingrassare a ogni scuciarà quando lo mangiaimo, ma minestra era solo il giovedì, non c’era pane, si vedeva il pane una o do volte l’anno e nel mese della spigolatura, si andava sui campi appena mietuti, donne e buteleti spetaimo come mosche sul filo dell’erba della cunetta che ci aprissero il quarto libero dai covoni, allora si metteva insieme, spiga su spiga, una sfornata di pane da cavarse una fame sempre vecchia.
Par il resto dell’anno si nominava il pane nel Padre nostro che si recitava ogni domenica in chiesa, pregando con quei cristiani che mangiavano sul serio il so pane quotidiano, le altre mattine bastava tirarse sulla camisa un segno de croce de traverso, male inchiodato sulle spalle che sentivano ancora la fatica del giorno prima e che il saccone de foie secche no aveva fatto tempo de tirar via nella notte.
Vino, forse a sabato, mezzo litro, un gotto tirando i schei del settimanale, in fondo aver preso quei quattro soldi delle giornade, faceva pensare de podere pagarti un gozzo de vino con tutto diritto, ogni giorno non ci stava dentro, al sabato era come che il vino fosse paga, ma per berlo bisognava far passare dal buso dello scarsellino un pizzego de palanche che sapevano ancora del profumo da sior, qualche paron più tardi un fiasco lo metteva sul salario, il caffè noi bambini neanche pensarlo, pure se era de orzo scarso, solo quando ti veniva el mal de pancia, ma era difficile fare delle indigestioni, mia mamma ci dava i cinciarini la sera quando sfarinava la polenta, qualche volta li condiva con una goccia de olio, quella allora diventava la cena, era proprio una goccia l’olio non è par modo de dire, né un filo o una bava in pi, mi ricordo de aver bevuto il primo caffè quando sono andato a soldato da permanente, adesso nelle case, nel cantone sul quarelo della mare, c’è sempre il brondineto del caffè con tanto de fondi che buttano via e sono i più buoni basta tastarli.
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